Nella narrazione dei Testimoni di Geova quando cerchi di migliorare qualche aspetto della tua vita sei un egoista, presuntuoso e arrogante. Ne ho avuto la riprova in un recente articolo della Torre di Guardia sull’importanza dell’ umiltà intitolato: Respingiamo lo spirito egoista del mondo.

L’articolo inizia in questo modo: “HAI notato che oggi molti pensano di avere diritto a particolari privilegi o a un trattamento speciale? A prescindere da quello che riescono a ottenere, pensano comunque di meritare di più. Questo modo di pensare rispecchia l’atteggiamento egoista e ingrato che caratterizza fortemente gli ultimi giorni”.
Analizziamo queste 3 frasi più da vicino:
- Usa una generalizzazione (“molti pensano”) per creare un “loro” negativo contro cui posizionarsi
- Definisce automaticamente come “egoista e ingrato” il desiderio di migliorare la propria condizione o di aspirare a qualcosa di più
- Collega queste aspirazioni a un giudizio morale negativo (“atteggiamento… che caratterizza gli ultimi giorni”), usando la retorica apocalittica per scoraggiare l’autodeterminazione
- Confonde l’arroganza e la presunzione con la legittima aspirazione alla crescita personale
- Implica che l’accettazione passiva dello status quo sia una virtù, scoraggiando così lo sviluppo di ambizioni sane e la ricerca di miglioramento personale.
Una visione più equilibrata della crescita personale dovrebbe distinguere tra arroganza e sana ambizione, incoraggiando in tal modo lo sviluppo dei propri talenti.
EGOISTI E PRESUNTUOSI
Ecco altre affermazioni dal paragrafo 3: “Siamo circondati da persone egoiste e presuntuose, e il loro atteggiamento potrebbe influenzarci (Gal. 5:26). Potremmo iniziare a pensare di meritare un certo privilegio o un certo trattamento. Come possiamo evitare questo modo di vedere le cose?”
Vediamo cosa non funziona in queste 2 affermazioni e 1 domanda:
- Quando afferma “siamo circondati da…” crea una dicotomia noi vs loro
- Usa l’etichetta di “egoisti e presuntuosi” per stigmatizzare chi pensa in modo diverso
- Presenta l’idea di “meritare” qualcosa come un pensiero pericoloso da evitare
- La domanda finale (“Come possiamo evitare…”) è una domanda retorica che presuppone già che questo modo di pensare sia sbagliato, non lascia spazio al discernimento personale e indirizza verso una risposta predeterminata
Questa retorica mira a creare un ambiente dove qualsiasi forma di pensiero indipendente o aspirazione personale viene vista con sospetto, ostacolando così un sano sviluppo della personalità.
MERITO
Proseguiamo con l’analisi dell’articolo. Ecco un’altra citazione: “Geova con amore ci dà molto più di quanto meritiamo. A motivo della nostra natura peccaminosa, l’unica cosa che meritiamo è la morte (Rom. 6:23). Eppure Geova, spinto dal suo amore leale, ci benedice in molti modi (Sal. 103:10-11). Ogni benedizione o privilegio che riceviamo da lui scaturisce dalla sua immeritata bontà (Rom. 12:6-8; Efes. 2:8).”
Analizziamo ancora queste 4 affermazioni:
- Parte da una premessa estrema (meritiamo la morte). Qualsiasi cosa positiva diventa quindi un “dono immeritato” rendendo impossibile lo sviluppo di un sano senso di autostima o valore personale. Crea un debito psicologico permanente (“ci dà molto più di quanto meritiamo”). Questa argomentazione porta a sentirsi perennemente in debito.
- Complica il riconoscimento dei propri diritti e bisogni legittimi: questo potrebbe portare ad accettare situazioni dannose come “meritate”. Rende difficile riconoscere o denunciare abusi (perché “non meritiamo nulla”)
- Crea dipendenza emotiva dall’organizzazione: il mio valore è determinato esclusivamente dalle benedizioni e dai privilegi che ricevo all’interno dei Testimoni di Geova. Con queste premesse rende impossibile sviluppare un sano senso di autostima o valore personale.
Questa retorica è particolarmente efficace perché usa il concetto di amore e gratitudine per instillare un senso di inadeguatezza permanente, rendendo più difficile per l’individuo sviluppare un’identità forte e indipendente.
LA PARABOLA DEI LAVORATORI NELLA VIGNA
L’articolo vuole dare una giustificazione scritturale citando una famosa parabola di Gesù. Ecco la citazione del paragrafo: “Non lasciamoci contagiare dall’atteggiamento del mondo. Senza rendercene conto, potremmo iniziare a pensare di avere diritto a qualcosa in più rispetto agli altri. Gesù fece capire quanto sia facile sviluppare questo modo di pensare narrando la parabola degli operai che ricevettero come compenso un denaro. Alcuni operai avevano iniziato a lavorare la mattina presto, e avevano lavorato un intero giorno sotto il sole cocente. Altri operai avevano lavorato soltanto un’ora. Il primo gruppo riteneva di avere diritto a un compenso maggiore a motivo del lavoro svolto (Matt. 20:1-16). Spiegando il senso di questa parabola, Gesù fece capire che i suoi discepoli dovrebbero essere contenti di qualsiasi cosa Dio voglia provvedere loro.”

Anche qui ci sono diversi elementi critici:
- Uso del termine “contagiare” presenta il pensiero indipendente come una malattia creando un senso di paura verso le influenze esterne. Come già visto qui sopra questo rafforza la mentalità “noi vs loro” (“il mondo”)
- Controllo del pensiero. L’espressione “Senza rendercene conto” suggerisce che non ci si può fidare del proprio giudizio scoraggiando attivamente il pensiero critico e presentando qualsiasi aspirazione come potenzialmente pericolosa.
- Sottomissione incondizionata. L’espressione “dovrebbero essere contenti di qualsiasi cosa” promuove l’accettazione passiva, scoraggia il discernimento personale e può giustificare situazioni di sfruttamento o abuso.
- Manipolazione dell’interpretazione biblica: usa la parabola degli operai in modo selettivo, trasformando una parabola sulla grazia divina in uno strumento di controllo sociale. Questa interpretazione della parabola viene utilizzata per promuovere una sottomissione acritica che va ben oltre il messaggio originale del testo biblico, creando un ambiente dove qualsiasi forma di pensiero critico o aspirazione personale viene vista con sospetto.
CONCLUSIONE
Ecco ora la conclusione: “Coltiviamo l’umiltà. Quando qualcuno ha un’opinione troppo alta di sé stesso, in genere inizia a pensare che gli spetti qualcosa in più rispetto a quello che ha. Questo modo di pensare è come un veleno. L’antidoto a nostra disposizione è l’umiltà.”
Ecco alcune osservazioni:
- Viene creata una falsa dicotomia. O si è “umili” (accettando tutto passivamente) o si ha “un’opinione troppo alta di sé” (qualsiasi forma di assertività): non contempla una via di mezzo sana.
- Uso della metafora del “veleno“. Il pensiero critico e l’autostima vengono associati a una condizione patologica. Suggerisce che avere aspirazioni sia tossico per la spiritualità. Presenta l’umiltà non come virtù positiva ma come “antidoto” contro il pensiero indipendente.
- Queste osservazioni scoraggiano lo sviluppo di un’autostima equilibrata, promuovono una forma di falsa umiltà basata sull’annullamento di sé e possono portare a una dipendenza emotiva dall’autorità.
La vera umiltà è una virtù che permette di riconoscere sia i propri limiti che i propri talenti, mentre qui viene presentata come un mezzo per sopprimere qualsiasi forma di pensiero autonomo o aspirazione personale.
Qui il link al mio video: