I Testimoni di Geova tra dubbi e rimpianti

Durante il mio processo di uscita dai Testimoni, l’incoerenza di alcuni fratelli con cui potevo parlare apertamente mi ha molto sorpreso. Quando parlavamo dell’incoerenza di certe direttive e del fatto che molte dinamiche nel gruppo fossero tossiche, le risposte che ricevevo erano sempre simili.
“Hai ragione Mauro, tutto quello che dici è vero e coerente. Fai bene a proseguire il tuo percorso.”Dal momento che eravamo d’accordo su ciò di cui avevamo parlato, mi aspettavo ingenuamente che anche i miei interlocutori avrebbero agito in modo coerente con le loro parole. Ma il fatto che molti di loro restassero impantanati tra i dubbi e i rimpianti riguardo al loro percorso dentro l’organizzazione mi ha fatto capire quanto fosse difficile per loro fare il passo decisivo.

L’incoerenza silenziosa dei Testimoni di Geova: quando le parole non si traducono in azioni

Ma questo non succedeva. Il tempo passava ma continuavano ad andare alle adunanze, ai congressi, a predicare: insomma non era cambiato nulla nella loro routine. Perché succedeva questo? Insomma, per fare un esempio, se capisco che quello che mangio mi fa male, cercherò di seguire una dieta diversa, no? Fare finta che vada tutto bene non mi farà stare meglio miracolosamente.

Non avevo compreso appieno le motivazioni dei miei amici fino al momento in cui ho lasciato definitivamente il gruppo. Solo allora mi sono reso conto che questa scelta significava abbandonare ogni punto di riferimento sociale e tutte le abitudini che avevo consolidato nel tempo. Questo passo avrebbe inevitabilmente trasformato per sempre la mia percezione sia del passato che del futuro. Mi è diventato chiaro che, per alcuni, rinunciare a tutto ciò avrebbe significato ammettere implicitamente che molte delle scelte fatte in precedenza si basavano su premesse sbagliate e che i legami di amicizia e amore costruiti all’interno del gruppo erano in realtà tossici.

Rimettere in causa la propria intera vita, soprattutto dopo una certa età, è un processo devastante e che probabilmente richiede un adeguato supporto psicologico. Capisco che non tutti abbiano la volontà di affrontarlo a viso aperto. Il disagio emotivo e il dolore sono il prezzo di una vita più autentica.
Non sono uno psicologo, ma dolore, smarrimento, paura e sensi di colpa possono persistere per anni se non vengono elaborati correttamente. Ma anche chi rimane dentro paga un prezzo: i dubbi e i rimpianti crescono con l’età, la malattia e il calo delle “performances teocratiche”.

La Torre di Guardia e la gestione dei dubbi: analisi dell’articolo di ottobre 2024

E’ per questo che regolarmente La Torre di Guardia pubblica articoli di studio come quello presente nel numero di ottobre 2024 intitolato: “Come vincere i dubbi“.

I Testimoni di Geova tra dubbi e rimpianti

L’articolo parla di 2 situazioni tipo in cui un Testimone di Geova puo’ essere portato ad avere dubbi:

  • pensare di valere poco agli occhi di Geova
  • aver preso decisioni poco sagge in passato

Trattando il 1° punto il sottotitolo chiarisce meglio di cosa si tratta: non si tratta di un generico pensiero scoraggiante, ma di “dubitare di essere utile a Geova”. L’aggettivo utile mi riporta alla mente la necessità del Testimone di performare, di produrre numeri, che siano più ore di servizio, fare di più in Congregazione, fare progresso spirituale e via dicendo. Il paragrafo 17 infatti usa questa espressione quando dice: “Se sei scoraggiato perché non puoi fare di più nel sacro servizio ricordati che Geova apprezza qualunque cosa tu riesca a fare”.

Performance e valore personale nei Testimoni di Geova: il culto della produttività

Perché un TdG è scoraggiato perché non puo’ fare di più nel servizio? Perché questa situazione è così ricorrente? Non è forse perché l’organizzazione stessa per anni ha fatto propaganda con articoli come “Possiamo espandere il nostro ministero?” dove snocciolava tutti i modi per abbassare il nostro tenore di vita e ridurre al minimo indispensabile gli svaghi per dedicare tutto il tempo al servizio di pioniere?

Oppure articoli come “Proviamo gioia per i privilegi che abbiamo” dove nel 1° paragrafo veniva detto: “Tutti noi vogliamo servire Geova al massimo delle nostre possibilità. Molti si stanno impegnando per fare di più nel ministero” e che, coerentemente concludeva al paragrafo 20 dicendo: “Senza dubbio tutti vorremmo fare per Geova più di quello che stiamo già facendo” (il corsivo e il grassetto sono miei).

Se ti viene detto che il tuo valore nel gruppo e la tua felicità dipendono dalle performance teocratiche e dai privilegi concessi, il problema è inevitabile.
Quando le performance diminuiscono a causa dell’età o di malattie, è naturale chiedersi se Geova (o meglio, l’Organizzazione) ti consideri ancora utile.

La narrativa della Watchtower: giustificare il passato per controllare il presente

Il secondo aspetto riguarda i rimpianti di avere preso decisioni poco sagge in passato e qui c’è un’immagine emblematica:

I Testimoni di Geova tra dubbi e rimpianti

Il paragrafo 10 riflette la realtà dei Testimoni di Geova tra dubbi e rimpianti. Spiega cosa potrebbe passare nella mente di questi fratelli: “Forse hanno deciso di rinunciare a una carriera promettente o a un’attività redditizia per servire Geova in modo più pieno. Ora che è passato del tempo, magari decenni, potrebbero vedere che dei loro conoscenti hanno fatto carriera e sembrano stare molto bene dal punto di vista economico. Allora forse si chiedono: “È valsa la pena di fare quei sacrifici per Geova? O mi sono perso qualcosa?” E’ una domanda che mi farei anch’io se mi trovassi nei panni del fratello della foto qui sopra. Mi trovo a 60 anni a pulire i vetri (con il massimo rispetto per questo indispensabile lavoro) non per scelta personale ma perché sono stato spinto dalla propaganda martellante dei Testimoni. Come posso tranquillizzare i miei sentimenti di fallimento e di vuoto?

I rimpianti delle scelte di vita: come la Watchtower affronta i dubbi dei membri anziani

Secondo la narrativa della Watchtower è necessario pensare a lungo termine. Il paragrafo 13 dice: “pensa a come invece andrà a finire a quelli la cui unica ricompensa è ciò che questo mondo ha da offrire.  Forse queste persone si aggrappano a tutto quello che hanno realizzato in questa vita perché non hanno nessuna speranza per il futuro“. Notate ancora una volta l’abile uso dei termini assoluti. Invertendo il senso della frase, sembra che non ci siano persone con un buon lavoro e una speranza per il futuro. Queste persone si aggrappano disperatamente al loro lavoro perché è tutto ciò che hanno ed è la loro unica speranza per il futuro.

Poi il paragrafo 13 aggiunge: “puoi davvero sapere come sarebbe andata la tua vita se avessi fatto delle scelte diverse?” Questo è un ragionamento davvero inconcludente: il fatto di non sapere dove saremmo potuti essere se avessimo fatto scelte diverse non ci esime dal prendere delle decisioni.

Mi spiego meglio con un esempio: se da giovane avessi voluto avere un figlio, ma per problemi fisici ho dovuto rinunciare al mio sogno, di che utilità sarebbe se a 60 anni un amico mi dicesse: “puoi davvero sapere come sarebbe andata la tua vita se avessi avuto un figlio? Magari ora sarebbe in carcere o sarebbe morto in un incidente stradale, chi lo puo’ sapere? E’ vero, ma queste prospettive non cancellano il fatto che non ho potuto lottare per realizzare il mio sogno, perché la mia salute non me lo ha permesso.

Quindi a che serve realmente questa domanda retorica? Non certamente a esplorare il passato in modo obiettivo, né a dare conforto. Ne è una prova la frase successiva che spazza via ogni possibile dubbio rimasto con una chiusura ad effetto: “chi fa scelte dettate dall’amore per Dio e per il prossimo non si perde mai niente che abbia vero valore”.

Il paradosso della scommessa totale: perché è così difficile ammettere gli errori del passato

Dopo aver letto questo articolo capisco meglio la situazione di quei miei amici Testimoni di cui ho parlato all’inizio: non possono lasciare l’organizzazione perché hanno un disperato bisogno di dare un significato a tutti i sacrifici e le decisioni difficili prese in passato in nome della teocrazia. Uscire ora significherebbe ammettere che le loro scelte sono state infondate e sterili, tanto più che non hanno altre carte da giocare.

Per illustrare questo punto immaginate che io abbia100€ in tasca e voglia puntarli per alcune scommesse sportive. Se punto 10€ per 10 diverse corse di cavalli, quando perdo a una o due partite sono triste, ma non disperato. Se punto tutti i 100€ su un cavallo e quello perde mi ritrovo al verde e disperato. A quel punto posso fare due cose: o accettare la sconfitta o cercare altre giustificazioni per negare quello che è successo. Ecco, l’articolo di questa Torre di Guardia mi sembra un perfetto strumento per difendere l’indifendibile.

Qui il link al mio video su YouTube:

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